Orario:
Gennaio, febbraio, marzo 10.00 - 14.00
Aprile, maggio, giugno 10.00 - 16.00
Luglio, agosto, settembre 10.00 - 18.00
Ottobre, novembre, dicembre 10.00 - 16.00
Chiusa il lunedì
Per prenotazioni e acquisto biglietti on line, si indica il sito della società Coopculture: Tel. 848 800 288
Sito web: www.coopculture.it
Tutti gli ambienti della Certosa sono accessibili, ad eccezione del parco, chiuso temporaneamente per motivi di sicurezza.
Soprintendenza Speciale per il Polo Museale della Città di Napoli
Certosa di San Giacomo
Via Certosa
80073 Capri
tel. +39 0818376218 - +39 0815788418
www.beniculturali.it/luogo/certosa-di-san-giacomo
Ingresso Euro 6,00
(Entrata Certosa ed esposizioni temporanee)
Ingresso gratuito per i cittadini degli stati membri della CEE aventi età inferiore al 18° anno.
Per i cittadini dell'Unione europea di età compresa tra 18 e 25 anni l'importo del biglietto di ingresso è di Euro 2,00
Ogni prima domenica del mese l'ingresso è gratuito.
Come arrivarci
Da Piazza Umberto I per Via Vittorio Emanuele, Via F. Serena e Via Certosa (10 min.).
Come Villa Jovis esprime e riassume dall'alto del Monte Tiberio il periodo imperiale di Capri, così la Certosa, infossata con le sue estese fabbriche nella chiusa valle fra l'altura del Castiglione e il Monte Tuoro, esprime il periodo medioevale e monastico caprese nella sua forma più aulica e monumentale.
Nessun elemento abbiamo per ammettere o per escludere la preesistenza in questo luogo di una villa romana; ma la mancanza di sicure tracce di ruderi e la stessa bassa giacitura dell'edificio monastico fanno ritenere che il luogo fosse stato escluso dal novero delle fabbriche imperiali.
La presenza lungo l'odierna via di Tragara della lunga fila di "Camerelle" che, secondo l'interpretazione più verosimile, servivano oltre che da cisterne, da viadotto di comunicazione tra le pendici dei colli, veniva a segnare l'estrema linea inferiore a cui giungevano in quel tratto le ville romane: dominavano esse invece la valle con la sontuosa "Villa del Castiglione" e con la minore di "Unghia Marina".
Preferiamo dunque di attribuire a deliberata volontà del fondatore e del costruttore la scelta di un luogo non ancora tocco dalle invadenti fabbriche imperiali. E il luogo chiuso e raccolto sembrò consono allo spirito del!a vita monastica, soprattutto allora che l'abitato di Capri era a sua volta racchiuso nella sua cinta murale e le pendici, all'intorno deserte, erano ammantate di pini e di ulivi; estendendosi sul ciglio della terrazza, la curva della costa non permetteva di spingere troppo oltre lo sguardo: da un lato il fianco dirupato del Castiglione, inciso oggi dalla "Via di Augusto", dall'altro le guglie gigantesche dei Faraglioni chiudevano l'orizzonte.
Forse anche una prudente misura di difesa contro la temuta minaccia degli assalti dei saraceni consigliò di occultare l'edificio in quella bassura, anziché collocarlo in luogo cospicuo ed eminente sui colli.
Fondatore della Certosa, fra il 1371-74, fu Giacomo Arcucci conte di Minervino e di Altamura, segretario della regina Giovanna I di Napoli, della più nobile famiglia di Capri: ad essa appartenne quell'Eliseo Arcucci conte di Capri che fu ammiraglio di Federico II.
Potente e ricco feudatario, il conte Giacomo Arcucci costruì la Certosa di San Giacomo per grazia di un primo figlio natogli dalla moglie Margherita Sanseverina e, col favore della regina, la dotò di beni e di donazioni e, con bolle papali, di privilegi e prerogative ecclesiastiche, in modo da assicurarne in perpetuo il patrimonio temporale e spirituale.
Ma era destino che il primo grande costruttore della Capri medioevale dopo la Capri romana di Tiberio, avesse anch'egli sventurata sorte; che coinvolto l'Arcucci nella crisi della monarchia angioina, spogliata la regina Giovanna del regno e tragicamente uccisa (1381) fu anch'egli proscritto e privato dei suoi beni e ottenne per grazia di poter essere accolto pellegrino ed ospite in quella stessa Certosa che aveva riccamente dotata, pagando gli stessi Certosini il prezzo del riscatto del figlio Jannuccio prigioniero, alla cui nascita si doveva la pia fondazione. Monasticamente trascorse i suoi ultimi anni di vita il conte Giacomo Arcucci, morendo l'anno in cui saliva sul regno di Napoli Ladislao di Durazzo (1386); e fu forse l'unico grande penitente del Cenobio, che la Certosa, sempre più ricca di beni e di terre, abitata da pochi monaci, serviti da molte famiglie, finì per essere la vera moderatrice della vita agricola ed economica dell'Isola di Capri con le ricche rendite e i tributi che incamerava dall'isola e dei beni che possedeva in terraferma, e con le elargizioni e le sovvenzioni che, più o meno generosamente, distribuiva tra le più povere famiglie isolane.
Saccheggiata e incendiata nel 1553 dal corsaro Dragut, fu restaurata e ampliata nel 1563 erigendosi una torre di vedetta e di difesa in vista del mare; arricchita ancor di più dai lasciti dei morti della peste del 1656, la sua prosperosa sorte fini per suscitare vive lotte e contrasti con il clero e il vescovado dell'Isola, assai più poveri e bisognosi, cosicché nel 1807, quando Giuseppe Bonaparte decretò la soppressione dei conventi e l'incameramento dei loro beni, senza eccessivo rammarico fu accolta dai Capresi la fine della loro grande Certosa; ne valse la restaurazione borbonica a restituirla a vita.
Ma prima che nel 1808 i Certosini abbandonassero il cenobio, crollò la torre che era stata eretta contro i corsari nel 1563, così come, pochi giorni prima della morte di Tiberio, era crollata la Torre del Faro di Villa Jovis. Segnò, comunque, quell'abbandono la rovina del monumentale cenobio che, a somiglianza delle ville imperiali, fu destinato anch'esso a luogo di relegazione: da Bagno penale (1815) a Ospizio degli invalidi, da Ospizio a confino militare di una Compagnia di disciplina (1860); né, con i restauri fatti e i molti restauri da fare, si può dire che la Certosa abbia ancora trovato una destinazione consona all'eccezionale importanza che ha nella storia e nell'architettura di Capri.
Ignoto l'architetto del primo impianto e ignoti gli architetti dei successivi ampliamenti, la Certosa rivela il suo inconfondibile carattere caprese con la grandiosa distesa delle sue volte di copertura che indicano, con la plastica evidenza degli estradossi, il sottoposto organismo delle volte a crociera, a botte e a padiglione; cosicché, per la loro sicura datazione, esse costituiscono il primo capitolo dell'architettura caprese. La pianta, per quanto vasta e complessa, chiaramente si svolge in successivi quadrati isolati e pur comunicanti fra loro:
1) il Chiostrino intorno al quale si svolgono le parti più antiche e monumentali del cenobio: la Chiesa e il Refettorio;
2) Il Chiostro Grande con le installazioni delle celle monastiche;
3) il quartiere dei magazzini e dei servizi;
4) il quartiere del Priore.
Viene affermata concordemente dagli storici locali che i costruttori avrebbero preso a modello per la Certosa di Capri la Certosa di San Martino di Napoli ma, in verità, se si eccettua il Chiostro Grande, che fu aggiunto nella seconda metà del Cinquecento e probabilmente in occasione dei restauri del 1563 e che ripete nel portico ad archi e pilastri lo stesso schema del più grande Chiostro di San Martino, la Certosa di Capri si uniforma più che altro alle piante dei cenobi cistercensi; i quali, per la regolare distribuzione degli ambienti intorno ad aree scoperte o porticate, si richiamano in sostanza alle ville romane con i loro più o meno grandi peristili. Su questo organismo solido e sostanzialmente unitario di volumi e di forme geometriche, spunta come un estroso capriccio secentesco la Torre dell'Orologio con la sua riccioluta cuspide triangolare, come la cuspide di una guglia napoletana, e nel gusto popolaresco della traduzione in fabbrica di un modello metallico, è l'ultimo tocco che l'artigianato caprese ha dato alla sua Certosa. Una rampa conduce a una Torre di Guardia con i tipici merli arrotondati e al vestibolo della Chiesa. Entro la lunetta del portale è raffigurata in un affresco trecentesco la cerimonia della dedicazione: La Vergine con il Bambino fra San Brunone e San Giacomo: accanto a San Brunone, in atto di preghiera, la regina Giovanna; accanto a San Giacomo, il conte Arcucci in atto di offrire un modello della Certosa, che il pittore ha voluto peraltro rappresentare coronata di cupole anziché coperta di volte a crociera. L'interno, costituito da una semplice navata rettilinea e da un'abside al fondo, con finestre alte monofore lungo la navata e finestre trifore nell'abside, è scompartito da pilastri e da centine cordonate in tre successive campate a crociera a semplice spigolo vivo senza alcun risalto di nervature.
Fortunatamente, né i pochi frammenti di tarda pittura secentesca sulle pareti, né le decorazioni a stucco dell'abside, pregiudicano la semplice e solenne severità basilicale dell'interno, così poco conforme ai modelli gotici delle grandi chiese trecentesche napoletane.
Tratto da "Storia e Monumenti", di Amedeo Maiuri, edito dall'I.P.Z.S